Archive from gennaio, 2013
gen 21, 2013 - Notizie    3 Comments

Il separatismo europeo

Si parla oggi solo di separatismo per indicare qualunque movimento che abbia lo scopo di separare politicamente da entità geopolitiche più ampie territori,con le popolazioni che vi abitano, per ragioni etniche e storiche e culturali,mentre le ragioni economiche vengono il più spesso sottaciute.

Anche se nei documenti non è più usato il termine irredentismo occorre notare che da parte dei sostenitori si proclama spesso la necessità di lotta contro le più svariate oppressioni,il che desta qualche perplessità visto il generale assetto democratico delle nazioni europee.

E’ anche evidente che, con le motivazioni citate,come parte essenziale del processo di separazione è anche giustificata una qualche forma di pulizia etnica,in mancanza della quale verrebbero a porsi le basi di inevitabili processi in senso contrario.

Al momento attuale appare sussistere l’opinione generale che sia preferibile la collaborazione delle componenti sociali in un contesto più ampio anche pure sovranazionale. Questa esigenza è nata sopratutto dopo la tragedia della seconda guerra mondiale,almeno a parole,nella politica e nelle coscienze della collettività.

Nonostante ciò la carta geografica dell’Europa è costellata di segnali indicanti focolai  di sempre più emergenti istanze separatiste.

Purtroppo il carattere di tali istanze può essere talvolta violento oltre i limiti di una civile competizione sopratutto in situazioni di crisi morale sulla “res publica” che è la ricchezza generata dalla popolazione nel suo insieme.

E’ opportuno a questo punto qualche nota sui movimenti in atto:

I movimenti separatisti in Europa hanno radici storiche diverse e sostenuti da gruppi sociali non sempre uguali ma con una comune preoccupazione di conservare il reddito del ceto più rappresentativo e attivo nell’area interessata, preoccupato di vedersi impoverito a vantaggio degli “altri” della nazione a cui fa parte. I movimenti hanno in comune la tendenza di legarsi ad avvenimenti e processi storici per lo più lontani nel tempo allo scopo di elaborare un insieme di valori il più possibile condivisibili da più persone,anche di differente grado di preparazione e bagaglio culturale .

 L’usanza di rievocare la storia passata con celebrazioni e festivals è nata alla fine del XIX secolo con il fiorire del “romanticismo” letterario sopratutto in Germania che, come l’Italia, ha “inventato” la nazione su una realtà fortemente localistica e campanilistica ( non a caso la Germania è rimasta una “federazione” di solide entità statali e culturali anche nell’alveo dell’impero prussiano e tuttora ancora in vita con la sola parentesi della centralizzazione nazionalsocialista durante la Seconda Guerra Mondiale ).

Per il momento la maggior parte dei movimenti separatisti in Europa non sono dotati di capacità militari necessarie per acquisire il controllo politico dell’area rivendicata. Tuttavia il fenomeno può diventare incisivo se al posto delle armi si lotta con gli strumenti della partecipazione popolare quali i referendum in situazioni di crisi dei meccanismi democratici ordinari del sistema nazionale e quando la stessa classe politica che rappresenta la regione viene sottoposta a critiche da parte di movimenti politici minoritari ed estremisti. I separatismi dell’europa orientale invece sono di natura diversa e sono spesso manipolati da paesi stranieri che intervengono il più delle volte con la forza militare per favorire un’etnia a discapito dell’altra per sfruttare le risorse minerarie o energetiche del territorio conteso oppure per interessi legati a giri di criminalità organizzata.

I baschi,i normanni ( il movimento per l’autonomia della Normandia ) gli scozzesi e i fiamminghi negli ultimi anni possiedono in vario livello di importanza stabili partiti politici parlamentari o extraparlamentari con strutture ben definite e integrate volenti o no nel gioco parlamentare e democratico degli istituti rappresentativi delle nazioni. e i rappresentanti che ne accettano le regole difendono e propugnano i programmi e gli ideali su più canali diversi dal parlamento ai media. Il terrorismo di solito è di scala molto ridotta con scarsa partecipazione popolare anche perchè di solito i programmi separatistici sono sostenuti da gruppi e lobbies di tendenza conservatrice e di alto livello sociale poco propensi a mobilitarsi militarmente e sopratutto timorosi di situazioni rivoluzionarie poco controllabili per i loro interessi. I gruppi terroristici tuttavia sono anche essi frutto di sostegno economico però di una sola parte di gruppi interessati a soluzioni radicali di indipendenza con propositi ideologici spesso di sinistra estrema oppure a favore di ambiziose oligarchie all’ombra di quelle più forti o più antiche che sostengono invece programmi moderati. Talvolta il separatismo può anche essere sostenuto dalla criminalità organizzata per sostituirsi anche formalmente oltre che de facto allo Stato sulla gestione del territorio e l’esempio più interessante è quello tentato dalla mafia in Sicilia nell’immediato dopoguerra.

Invece i separatismi dell’europa orientale sono praticamente tutti provocati o alimentati dai giochi geopolitici fra le potenze e oltre al noto e discusso caso del Kosovo , da anni senza soluzione di continuità,esiste la questione della Bessarabia che coinvolge pesantemente la Russia interessata,per ragioni politiche più che economiche, a “russificare” il territorio già prima annesso con le minacce dall’URSS staliniana nel 1939. Come il Kosovo è controllato dall’etnia favorita dalla presenza di truppe straniere europee, anche quest’area è dominata con altrettanto brutali metodi dall’etnia russofila a discapito del resto della popolazione tenuta in un clima di pulizia etnica a tutti i livelli. La situazione è purtroppo “normale” per il mancato sviluppo della società civile in aree dell’europa orientale dove la democrazia di tipo liberale moderno non c’è mai esistita nemmeno in tempi pre-sovietici ( da ricordare che la stessa Polonia fu a lungo una forma di dittatura semi-militare prima dell’invasione nazi-sovietica ).

I separatismi si legano ad un passato spesso di natura violentemente religiosa ( la resistenza anti-turca, i dissidi fra ortodossi e cattolici ) e propongono come unica soluzione l’annientamento fisico oltre che culturale di ogni altra etnia presente sul territorio considerando la lotta una questione di vita o di morte dell’etnia rivendicatrice. Chiaramente i separatisti dell’europa dell’est sono di formazione più paramilitare che politica e i “partiti” sono piuttosto dei veri e propri eserciti privati legati e finanziati da organizzazioni criminali che in cambio di armi e denaro sfruttano le risorse del territorio conquistato per vari tipi di mercati di scala anche più vasta.

Basterebbe leggere il bellissimo “il ponte sulla Drina” di Andric per avere almeno una risposta ai quesiti che le tragedie di cui sopra ci pongono.

Alcune considerazioni sorgono spontanee.

Al momento attuale non è il cuore a generare le motivazioni per le lotte ma la naturale tendenza all’avidità che spinge gli uomini a realizzare disegni personali.

Con pressocchè assoluta costanza ogni movimento separatista tende a circoscrivere benefici ad un ambito locale,bandendo ogni sentimento di solidarietà umana nazionale ed è chiaro che qualunque crisi economica non può far altro che accentuare il fenomeno.

Anche dove alle base delle idee conclamate vi è un antico e spesso giustificato risentimento,è ben chiaro che ogni possibilità di pacificazione è annullata da individuali ambizioni politiche e da interessi se possibile ancora più loschi(basti pensare a come qualunque interesse malavitoso può sguazzare in una turbolenza pretestuosamente mantenuta ).

Vincenzo Suma.
Gabriele Suma.

gen 7, 2013 - Notizie    10 Comments

La Puglia preromana

Nel V e IV secolo avanti Cristo il mezzogiorno era teatro sia di grandi sconvolgimenti politici e sociali per la Magna Grecia sia di grandi movimenti di numerose componenti etniche dell’Italia pre-romana. La Puglia in particolare era interessata da migrazioni come quella dei sanniti del Molise che avevano invaso la Campania provocando la crisi degli antichi equilibri fra etruschi e greci che dominavano la regione. Le popolazioni dell’area denominata in epoche recenti “Puglia”  grosso modo definiti  Iapigi ( oppure Apuli ) presentavano legami etnici comuni ai confini del mondo etrusco e degli Appennini sannitici. Talvolta erano  legati da alleanze militari rivolte a contrastare sia i greci allora principali nemici. Il gruppo degli Apuli più combattivo era quello dei Dauni. Essi erano un gruppo di tribù dedite alla pastorizia e spesso ad incursioni nei territori limitrofi e stabilmente stanziati nel territorio dell’attuale provincia di Foggia.  Questa confederazione di comunità sconfisse più volte gli opliti sia di Taranto che di Reggio e per tutto il V secolo assunse anche importanza nelle relazioni diplomatiche su vasta scala in tutto il mezzogiorno prima che emergesse il vasto sistema militare e culturale dei Messapi. La situazione dovette mutare radicalmente nel secolo successivo quando l’intero sistema di equilibri del Mezzogiorno fu sconvolto dall’intraprendenza di Siracusa che era riuscita a piegare Reggio e la Calabria per poi collassare in modo altrettanto brusco per lotte politiche interne. La fine del breve impero siracusano  comportò lo sconvolgimento del tessuto sociale e culturale di tutta l’area meridionale della penisola a tutto danno proprio delle città greche. I siracusani avevano assunto numerosi mercenari provenienti sopratutto dalla Lucania nelle varie guerre imperiali e con la fine del potere di Dioniso ( tiranno di Siracusa ) i mercenari appoggiarono i Messapi che raggiunsero l’apice dell’espansione scompaginando profondamente l’assetto politico promosso dalla Poleis di Taranto nella regione. La situazione cambiò quando la confederazione messapica crollò nelle guerre proprio contro i Dauni e nel maggiore momento di debolezza anche ad opera della riscossa greca per mezzo degli Epiroti guidati da Alessandro il Molosso ( parente del Magno ) che ripristinò la potenza greca negli antichi domini del Mezzogiorno. L’ingresso degli epiroti nello scenario  comportò però ugualmente il declino politico inesorabile  della Magna Grecia non più intesa come una realtà autonoma. Difatti sorsero nuovi propositi egemonici da parte della Grecia ( Epiro e Sparta ) e della Sicilia ( la rediviva Siracusa ).  Inoltre alla fine del tormentato IV secolo anche le componenti etniche della Puglia subirono il declino a causa di importanti avvenimenti occorsi in Italia centrale dove Roma aveva da poco sottomesso i latini e i campani. L’avvento della potenza militare dell’Urbe era difatti accompagnato da interferenze in Puglia dove i romani strinsero accordi militari con i Dauni contro i sanniti e lucani mentre la confederazione messapica stava uscendo  dalla scena politica nella regione.  Mentre i Dauni stavano inesorabilmente passando sotto influenza romana, altre comunità venivano utilizzate dai siracusani guidati dall’ambizioso Agatocle che aveva da poco sottomesso la Sicilia ed era propenso ad estendere il suo impero nel resto dell’area portando seco etnie straniere quali galli,campani e liguri. La Puglia era ormai “irriconoscibile” dopo l’anno chiave della storia italica quale il 338 A.C ( l’anno della sconfitta della lega campana contro Roma ) poichè si assiste ormai allla infiltrazione sempre più forte di componenti culturali provenienti sia da Roma che dalla Sicilia a spese dell’identità degli apuli in generale  sia come alleati che come formalmente indipendenti. Infatti i ritrovamenti archeologici nella regione permettono di ipotizzare intensi legami commerciali e culturali sopratutto con l’Urbe che vendeva ai suoi alleati anche alcuni equipaggiamenti militari che erano perlopiù utilizzati come “status symbol” degli esponenti più importanti sempre più attratti nell’orbita di influenza capitolina anche senza alcun evento bellico. Il più chiaro segno di dominazione romana era inoltre la fondazione della colonia di Lucera nel 315 a.c pur essendo i Dauni alleati con notevole autonomia all’interno dell’articolato sistema diplomatico che i romani avevano stabilitito in mezza penisola italiana. I romani avevano diviso i sanniti fra loro guadagnando rapporti di amicizia con rami sannitici che controllavano i passaggi fra il territorio romano e la Puglia sancendo de facto l’estensione dell’influenza tiberina in Italia Meridionale. La crescente potenza romana fece sì che ancora la Puglia diventasse scenario di importanti questioni geopolitiche quando proprio come forma di contenimento reciproco avvenne il primo trattato fra Roma e Cartagine del 306 a.c. Il trattato difatti riconosceva l’influenza romana sulla regione tranne la città di Taranto ( già allora importante area strategica sul Mediterraneo ) che restava indipendente pur “tutelata” ormai sia da Cartagine sia dall’Epiro mentre proprio per le guerre senza fine con i punici Siracusa dalla morte di Agatocle aveva perso sempre più controllo dell’area. La storia della Puglia come regione a se stante con le sue etnie e dinamiche interne finisce in modo chiaro e definitivo con un altra grande disfatta militare  degli italici da parte di Roma nel 295 a.c ( la guerra romano-sannitica finale che coinvolse non solo sabini ma anche quello che restava degli etruschi e degli umbri e pure i galli ). Infatti i romani sempre più potenti istituirono la colonia di Venosa come base di controllo delle frontiere terrestri della Puglia e di sottomissione dei lucani. In poco tempo l’intera Puglia fece parte della “federazione” romana tranne Taranto che ancora godeva dell’interessata protezione di potenze straniere quali Cartagine ed Epiro preoccupate dell’espansionismo romano. Taranto tuttavia, dopo l’effimera avventura militare di Pirro re dell’Epiro, cadde anche essa nell’influenza romana ( sia ben chiaro, non ci furono molte annessioni dirette ma piuttosto varie forme di sottomissione indiretta ) nel 272 a.c.  La storia della Puglia con protagonisti gli italici come etnie pre-romanizzate era da tempo finita ma in termini culturali continuerà nell’alveo della cultura romana conservando le lingue in certi casi e anche aspetti culturali e sociali che i romani pemettevano di solito  in cambio di fedeltà. Tuttavia le comunità dei Dauni e altre etnie pugliesi persero ogni forma di coesione e così numerosi siti stanziali scomparvero o finirono assorbiti da diverse realtà sociali dai romani  importate. L’identità, tramandata  come segno di distinzione continuo’ a sussistere ma in assenza di autentiche libertà, come avverra’  anche per tutti gli altri casi nella Storia dell’Uomo quando ,con il venir meno di libertà politiche,sussisteranno,permesse, libertà che serviranno a dare l’ illusione che si può fare a meno di essere indipendenti.

GABRIELE SUMA