ott 29, 2018 - Notizie    10 Comments

Halloween mediterraneo

La fine dell’inverno, fin dai più antichi tempi, era celebrata da molte civiltà con diversi riti per il giubilo e il ringraziamento.

 Molte feste erano caratterizzate da balli con accompagnamento di cibi e bevande per allietare anima e corpo dopo i patimenti subiti. Gli antichi greci erano noti per celebrare con gare atletiche e musicali dedicate in particolare a Dionisio dio del vino e dei piaceri. I fedeli aprivano i rituali con la distribuzione del vino conservato in botti deposte all’interno del santuario. Il liquido veniva conservato in recipienti che venivano poi riportati nelle case per il giorno successivo. I sacerdoti,infine, davano il segnale tanto atteso per aprire le brocche e bere il contenuto in onore alla divinità. I fedeli consumavano il proprio vino in atteggiamento molto serio senza alcun contatto con altri.

 L’atteggiamento potrebbe sembrare strano per una civiltà caratterizzata da frequenti momenti di comunità. La spiegazione è data proprio dal significato speciale di questa particolare festività dionisiaca che prende il nome di Antesteria dal nome dell’ Antesterione ottavo mese del calendario attico. Le porte venivano spalmate di pece ritenuta una barriera formidabile per proteggere i fedeli durante la bevitura rigorosamente fatta in solitudine e in silenzio. I greci ritenevano che gli spiriti dei morti risiedessero in un mondo sotterraneo chiamato Ade che poteva comunicare con il mondo dei vivi attraverso fenditure sulla superficie proprio nei giorni dell’Antesterione. I morti erano temuti e tenuti lontano usando vari amuleti fra cui più comunemente delle foglie di ramno conosciute per molte proprietà magiche.

 Esiste un altro motivo, della non condivisione del vino,basato invece sul mito, poco noto, di Oreste che era fuggito in Atene dopo aver ucciso la propria madre assassina del proprio marito, e padre di Oreste, Agamennone di ritorno da Troia. Il matricidio era un reato gravissimo che condannava il colpevole all’allontanamento in ogni circostanza anche in assenza di prigionia. In tal caso Oreste era condannato a bere da solo senza la compagnia di nessuno.

Dopo il rituale della bevitura, i fedeli uscivano dalle proprie case per tornare al santuario restituendo i recipienti usati ed effettuando gesti di scongiuro finali per decontaminare il luogo invaso dai morti. La giornata terminava con l’arrivo di una processione proceduta un sacerdote che rivestiva il ruolo di Dionisio. La processione era costituita da donne che accompagnavano una sacerdotessa scelta per il rituale accoppiamento con Dionisio in un area sacra della residenza dell’Arconte di Atene.

 La festa continuava il giorno dopo con più sobrietà di nuovo nelle case. La sbornia scatenata del giorno prima lasciava il passo al lavoro intenso per cucinare speciali focacce destinate ai morti per chiedere loro di ritornare nell’Ade. Le focacce venivano offerte ad Hermes, il dio messaggero, per portarle in dono ai morti.

 Il rituale del dono ad Hermes chiudeva ufficialmente la festa, i dettagli sono scarsi ma le modalità ricordano le attuali festività sia cristiane che politeistiche attuali, in particolare nell’Obon giapponese. Zenobio, sofista ed autore di proverbi, riporta la storia con una frase rituale, secondo l’autore, usata per la chiusura della festività “Thyraze,Kares,ouk et Antesheria” ( tornate alla porta, defunti o schiavi, che la festa è finita ) che lascia tuttora dubbi sul significato di kares che potrebbe significare sia i morti sia gli schiavi poiché era di usanza, come in alcune festività cristiane, annullare le differenze sociali e permettere a tutti gli strati sociali la partecipazione dei rituali.

 Durante la preparazione delle focacce, le fanciulle libere giocavano all’altalena; non si trattava di un semplice passatempo ma di un altro rituale di purificazione legato ad un altro mito relativo alla fanciulla Erigone che si suicidò in seguito all’uccisione del padre Icario. La leggenda vuole che molte altre fanciulle seguirono il fato di Erigone per la pazzia provocata dal fantasma vendicativo della giovane suicida. Il popolo di Atene, disperato per i lutti, chiese responso all’Oracolo di Apollo che consigliò di inventare l’altalena per permettere alle ragazze di dondolare come impiccate per ingannare lo spettro.

 Infine, come nella parte finale della Notte sul Monte Calvo di Petrovic Musorgskij,resa famosa con Fantasia da Walt Disney, il turbinio di orrori,maledizioni e fantasmi sfumava come la notte al primo albeggiare con i sapori di focacce fatte di semi e miele. Il vino, rosso come il sangue e caldo come il fuoco della vita, tornava ad essere amichevole accompagnamento non più contro i morti ma per i propri sogni,ambizioni e desideri in attesa del loro ritorno nell’anno venire.

GABRIELE SUMA

10 Comments

  • Molto bella e suggestiva l’immagine delle fanciulle sull’altalena per simulare un atto di morte. Nel tempo quella stessa immagine si è trasformata in un atto di vita e di spensieratezza. Il tuo scritto mi ha fatto riflettere sulle origini di quelli che noi riteniamo semplici giochi e su come una interpretazione indotta della realtà possa far cambiare un giudizio.

    • anchio sono rimasto molto colpito delle origini dell’altalena, in verità il gioco è sempre stato una metafora e un addestramento alla vita.

  • Il tuo scritto mi ha fatto riflettere su quanto negli anni abbiamo perso delle nostre tradizioni . La Festa dei Morti era realmente la festa che avvicinava chi ci aveva lasciato , non paura della morte ma un sentimento corale di speranza , di leggerezza che univa vecchi e giovani . Tradizioni che restano ferme e intoccabili in altri popoli come l’ OBON da te solo accennato e di cui mi piacerebbe sapere di più . Grazie

    • il timore e il rispetto reverenziale per i defunti ha radici profonde fino all’alba dell’Uomo. La morte ci terrorizza e la teniamo lontana come se fosse un ombra minacciosa sempre incombente. Infatti i morti venivano divorati per prendere la loro forza oppure posti fuori dalla cerchia dei vivi, talvolta in necropoli che diventano l’opposto uguale al mondo dei vivi. I morti “esiliati” ritornano però sempre perché noi siamo quello che il passato ha costruito. La nostra identità culturale ed antropologica è sostenuta dal ricordo insieme al naturale affetto per chi ci ha protetti,nutriti e fatti crescere superando gli ostacoli della Natura. Camilleri fa menzione delle tradizioni in Sicilia che difatti è un isola profondamente intrisa di riti della civiltà greca che sopravvive nonostante le successive mescolanze e sincretismi che rendono unica l’isola della Trinacria. L’Obon conferma la tesi di comune filo conduttore dei riti purificatori e scongiuri nei confronti dei morti presenti in tutta l’umanità. L’Obon viene celebrato però a fine estate, precisamente fra il 13 e il 16 agosto. Obon ha molto in comune, sul piano commerciale attuale, con l’Halloween anglosassone. Nei giorni dell’Obon sono molto popolari spettacoli e giochi a tema Horror, in particolare l’horror nipponico con i suoi aspetti più caratteristici quali fantasmi di donne dai lunghi capelli, figure femminili infestanti luoghi di vario tipo e astute quanto diaboliche volpi sempre pronte ad ingannare l’Uomo.

  • Molto intetessante. Tutte le nostre attuali festività hanno radici ancestrali, manipolate dal “marketing” delle religioni via via succedute e, negli ultimi decenni da marketing vero e proprio.
    Studiare e condividere (come fai tu) ci aiuta a capire il senso di alcune cose che ahimè spesso facciamo per routine… ;-)

    • io non sono affatto contro la “commercializzazione” dei rituali, sono sempre viva espressione del sentimento popolare che è più importante di ogni altra esigenza, dimenticando spesso che proprio le forme d’arte più raffinate sono nate proprio nel movimento spontaneo e vivace per le strade,piazze e taverne come il valzer oppure il Jazz.

  • Complimenti Gabriele, nelle “tue storie in poltrona” hai affrontato i più svariati argomenti. Non mi soffermo a commentare il rituale dei morti perché alcune tradizioni si rinnovano col passare dei secoli, ma le tue osservazioni sul vino denotano un attento approfondimento dell’argomento. Il vino ha accompagnato e accompagna la nostra vita, oggi non semplice momento conviviale, ma volano dell’economia. Interessante e poco conosciuto il particolare di Oreste condannato a bere in solitudine.

    • la ringrazio per il giudizio, continuerò a viaggiare nel passato per rendere il presente più chiaro e comprensibile senza perdere il gusto per il meraviglioso che l’umanità è capace di dare.

  • Ho letto di recente qualcosa su Martin Heidegger,senza peraltro capirci molto.Sono rimasto colpito da essere e tempo con una soglia oltre la quale tutto è ignoto.La ricorrenza o festa dei morti ci aiuta a pensare che quella soglia non sia per sempre a senso unico e ci ricolloca nell’essere,con il tempo che è solo dentro di noi.ciao

    • i morti ci fanno ricordare cosa siamo stati e cosa siamo e cosa saremo, senza di loro non c’è identità. Quando vuoi cancellare qualcuno, cancella le tombe e cancellando le tombe cancelli le radici e la memoria. Gli egiziani lo sapevano bene quando volevano eliminare dalla memoria faraoni discreditati.

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