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ott 12, 2019 - Notizie    2 Comments

Il Duca sottovalutato

Spagna, attraversata da molteplici popoli e civiltà, non fu mai completamente dominata da una sola potenza se non per pochi secoli e con imponenti sforzi, dall’aquila romana. Fra le rovine imperiali sovrani,piccoli e grandi, convinti di avere il proprio Dio dalla loro parte si contendevano la terra senza risparmio per quasi mille anni. Fortezze ritenute inespugnabili cadevano con la medesima facilità in cui alleanze si rovesciavano e gli inganni e micidiali trappole si susseguivano. La società e la cultura spagnola si indurivano per la quotidiana presenza della guerra come le aride rocce dei suoi deserti riflettevano l’accecante bagliore del sole. L’acqua era preziosa per gli eserciti in marcia riducendo così le guerre a sanguinose schermaglie quando si preferiva evitare i rischi di grandi battaglie campali. Nel corso dei secoli gran parte della penisola venne unificata tramite complessi giochi diplomatici in circostanze in cui soluzioni con le armi erano improponibili.

La penisola entrò a far parte del contesto europeo per un sovrano nato alla periferia dell’Impero dove non tramonta mai il Sole ma posizione geografica,cultura,identità ebbero sopravvento sugli ideali medievali dell’impero universale. Lo stessa effimera unione dinastica del Portogallo con il dominio castigliano-aragonese dimostra il carattere indomabile ed orgoglioso del territorio e dei suoi abitanti.

Il declino del suo impero e l’epilogo tragico dei suoi leggendari eserciti sul campo di Rocroi permisero alla Spagna un lungo periodo di relativa quiete nell’ombra di un lungo declino accettato con rassegnazione tipicamente iberica. Una società apparentemente apatica ma piena di voglia di vivere dietro un aspetto di rigida educazione religiosa così come Francisco Goya aveva compreso e percepito nei suoi spettacolari affreschi.

Il grande artista aveva intuito l’enorme forza di volontà nei ridanciani quanto selvaggi popolani e l’orgoglio nei componenti delle classi elevate ed è stato inorridito spettatore poi della tragedia della guerra immortalando per i posteri la sofferenza subita.

Gli avvenimenti in corso a Parigi con l’esecuzione del Re Luigi XVI trascinarono quasi tutta l’Europa nell’incendio senza risparmiare anche la sonnolenta Spagna all’epoca retta formalmente dal pacifico sovrano Carlo IV di Borbone. Goya ne fece un eccezionale ritratto del sovrano, mettendo in risalto, su tela, l’anima quieta della sua persona, senza ardori guerreschi così come ne furono privi anche i precedenti sovrani. L’indole battagliera dei Trastamara e degli Asburgo era ormai un lontano ricordo e causa della paralisi economica e sociale che attanagliava il regno all’indomani delle improvvise e turbolente avventure napoleoniche nel vecchio continente.

Il piccolo Corso, appena si fece Imperatore dei francesi, coinvolse il regno iberico nella sua infinita guerra contro l’Inghilterra rimasta unica potenza antifrancese. Le sfortunate vicende militari e i disagi del blocco economico colpirono profondamente la già fragile economia spagnola preparando le future premesse di tensioni sociali. L’amore sincero per la monarchia e sentimento religioso mantenevano unito tutto il sistema.

La distruzione del fior fiore della flotta spagnola a Trafalgar comportò un atteggiamento di diffidenza nei confronti del proprio alleato da parte dell’Empereur. Il fallimento della politica continentale,infine, spinse Parigi a prendere direttamente in mano la situazione in considerazione del ruolo del Portogallo nel “campo” guidato dal Regno Unito. Nel 1807 Napoleone obbligò la Spagna a partecipare all’invasione del Portogallo con due armate di supporto alle forze francesi. Il governo di Madrid era retto da Manuel Godoy fin dagli albori della rivoluzione francese. Egli, per sopravvivere, scelse di essere collaborazionista della Francia trascinando la Spagna nella guerra contro l’Inghilterra. Londra aveva già deciso l’importanza strategica della cosiddetta “guerra peninsulare”. Gli storici moderni sono concordi sul parallelo storico con le recenti esperienze militari in Vietnam e in Afghanistan cogliendo proprio in prestito l’originale termine spagnolo di guerrilla ( piccola guerra ) per le unità combattenti irregolari in territorio occupato.

Nell’anno successivo ( 1808 ) Napoleone, non fidandosi del governo alleato, credette di poter prendere il controllo dell’intera penisola iberica. La società spagnola era considerata arretrata e il sistema economico locale inefficiente ma i francesi avevano sottovalutato il profondo sentimento religioso alimentato da preti di rango sociale basso ma dotati di forza di volontà irresistibile.

Gli storici si dibattono sulla decisione di Napoleone di procedere nonostante notevoli rischi, sproporzionati al vantaggio che si poteva trarre. A suo svantaggio era l’asperità del territorio e la scarsità delle comunicazioni che ostacolavano la trasmissione dei messaggi per permettere una cognizione realistica della situazione da Parigi. Nel momento in cui il ministro Godoy rischiò il linciaggio per aver permesso ai francesi di entrare in territorio spagnolo, L’Imperatore decise di intervenire in modo massiccio con uno stile che può far ricordare gli interventi sovietici in Europa Orientale durante la Guerra Fredda. Come nella Budapest del 1956, le truppe francesi incontrarono una notevole resistenza popolare nella capitale Madrid. Goya immortalò il momento con celebri opere cogliendo con maestria l’espressione di stupore e sconcerto dei cavalieri mamelucchi di Murat e il conseguente sentimento vendicativo con esecuzioni di massa che, ancora oggi, caratterizzano i conflitti di qualsiasi scala e latitudine.

Le brutali repressioni dell’occupante fecero incendiare tutta la penisola iberica diventando una trappola mortale per l’esercito francese ancora ammantato dal mito dell’invincibilità guadagnato sotto il Sole di Austerlitz. Napoleone accolse la famiglia reale in fuga ma la confinò a Bayonne e prese la corona per offrirla invece al fratello Giuseppe con la missione di porre fine ai disordini nella penisola.

I francesi furono però duramente sconfitti dai ribelli sia a nord nella battaglia di Medina Del Rioseco sia a sud nella battaglia di Bailén nell’afoso luglio del 1808 determinando il collasso del regno di Giuseppe Bonaparte che abbandonò velocemente Madrid. Proprio l’inaspettata svolta degli avvenimenti spinse l’Inghilterra ad inviare un,ancora, oscuro ufficiale dotato però di notevoli doti di comando: Sir Arthur Wellesley.

Il comandante diede subito prova di sé sconfiggendo nella battaglia di Vimeiro il generale Junot liberando in poco tempo l’intero Portogallo dall’occupazione. In seguito alla vittoria però Wellesley rischiò di perdere il comando per aver concesso a Junot di ritirarsi con tutte le sue truppe in patria via mare ma le sue doti dimostrate in battaglia permisero la chiusura dell’inchiesta.

Quando i messaggi raggiunsero Parigi, Napoleone si infuriò decidendo di intervenire direttamente con intento di chiudere la faccenda con classiche battaglie regolari senza rendersi però conto dell’inutilità di esse di fronte ad una guerra di liberazione nazionale. La campagna, come al solito, si era svolto rapidamente schiacciando le forze regolari dei ribelli, aprendosi la strada per Madrid nonostante terribili condizioni climatiche, difficoltà logistiche e tremendi sacrifici delle truppe ausiliari polacche.

In quel momento critico gli inglesi tentarono di respingere l’avanzata francese, affidata da Napoleone a Soult, con disciplina e determinazione sotto il comando del generale John Moore ma la disintegrazione rapida delle forze ribelli ne consigliò la ritirata. La situazione ricorda abbastanza la situazione in cui gli inglesi e suoi alleati ritroveranno secoli dopo nel 1940. L’intero corpo di spedizione dovette ritirarsi attraverso un territorio difficilissimo senza riuscire quasi mai a sganciarsi dagli inseguitori francesi fino all’estremità costiera a nord della penisola in direzione Corunna dotata di un porto per reimbarcarsi. Era,in pratica, la Dunrik o Dunkerque del 1808. La lunga Anabasi degli inglesi si concluse, ai primi giorni del nuovo anno 1809 davanti alla città ma i francesi pure erano vicini, determinati nel costringere i fuggitivi ad arrendersi. Moore riuscì a mettere in salvo l’artiglieria e accettò battaglia morendo però sul campo. Gli inglesi riuscirono,comunque, a scompaginare l’armata di Soult in modo inaspettato. Napoleone, ritiratosi in Francia poco prima, perse l’ultima occasione di poter vincere la guerra nel 1808 così come Hitler la perse nel 1940.

Il generale Wellesley ritorna in scena nel maggio del 1809 vendicando la sconfitta di Corunna contro l’armata di Soult entrata in Portogallo ed intercettata presso la città di Porto. Wellesley godeva del grande vantaggio di avere una solida base protetta da catene montuose per mantenere dolorosa la cosiddetta “ulcera”, così battezzata da Napoleone, del fronte iberico. Londra aveva calcolato giustamente che la guerra spagnola avrebbe distrutto il mito dell’invincibilità francese. Il piccolo Corso, di conseguenza, non seppe inventarsi una soluzione per uscire dal pantano mentre Wellesley già stava gettando le basi di una ben più vasta operazione per porre termine al conflitto. Era necessario, una volta consolidato il controllo del Portogallo, lanciare una grande controffensiva accordandosi con le forze regolari ribelli. Il piano era di costringere i francesi a ritirarsi in direzione Madrid ma l’intera operazione rischiò di essere seriamente compromessa per la manovra di aggiramento dietro le linee in atto dal solito Soult con le sue divisioni dalle Asturie. Wellesley si rese immediatamente conto del grave pericolo ma sfruttò l’inesperienza del Re Giuseppe, reinstallato sul trono, che non aspettò il chiudersi della trappola attaccando le forze anglo-spagnole. Le formazioni tipiche dei francesi dell’assalto in colonna si rivelarono inadeguate contro il serrato e disciplinato fuoco inglese nonostante la superiorità numerica e Talavera divenne luogo di una seconda grande sconfitta francese dopo Bailèn. Wellesley si guadagnò proprio a Talavera il titolo onorifico di Duca di Wellington che tutti noi conosciamo. Tuttavia l’arrivo di Soult, pur tardivo, costrinse Wellesley a ritirarsi mentre ribelli spagnoli che dovevano unirsi subirono cocenti sconfitte a sud di Madrid. Wellington non si unì all’ambizioso tentativo dei ribelli di ingaggiare battaglia in stile convenzionale e campo aperto per le sue corrette valutazioni sulla pericolosità delle forze francesi, umiliate ma ancora troppo potenti. Mentre i francesi mandavano in rotta gli spagnoli, gli inglesi subirono le conseguenze. La controffensiva francese distrusse l’intero fronte meridionale e la stessa capitale dei ribelli,Seville, cadde con tutto il suo governo.

La resistenza si limitò ad una sacca intorno al porto di Cadice anticipando simili scenari del nostro tempo ( Bataan, Pusan ) in ragione del fatto che per tutta la guerra gli inglesi avevano il vantaggio del dominio del mare, indispensabile per continuare la lotta. Un altra grande armata francese era entrata in campo minacciando uno dei principali varchi per il Portogallo a nord della penisola. Wellington accorse immediatamente solo per trovarsi, in condizioni sfavorevoli, contro uno dei migliori generali di Napoleone: Andrea Massena. In seguito alla rapida caduta di Almeida, i francesi, ancora una volta, entrarono in Portogallo incontrando notevole resistenza delle truppe inglesi che si ritirarono dietro ad un formidabile campo fortificato a difesa di Lisbona.

Wellington aveva contribuito di suo, per la sua naturale attitudine alla difesa, alla realizzazione di questo straordinario sistema conosciuto con il nome di “linee di Torres Vedras” che anticipava concetti che si sarebbero visti in forme sempre più imponenti dalla Guerra di Crimea fino alle fortezze della seconda guerra mondiale. Da notare che ancora non era entrata in scena la canna rigata che avrebbe reso praticamente impossibile un assalto senza accettare perdite spaventose, come così è stato molte volte nelle guerre successive. Lisbona si dimostrò imprendibile bloccando Massena che sperava di ricevere aiuto da Soult a cui gli era affidato incarico di aprire un varco a sud del Portogallo. Le forze anglo-spagnole rinchiuse nella sacca di Cadice riuscirono a distrarre Soult impedendogli di riunirsi a Massena compromettendo tutta la campagna francese così come era stata pianificata all’inizio con il suo obiettivo principale : la liquidazione del Portogallo.

Gli errori strategici di Soult resero impossibile la continuazione dell’assedio di Lisbona. I francesi si ritirarono subendo forti perdite fino a rientrare in territorio spagnolo senza mai riuscire a seminare gli anglo-spagnoli di Wellington.

Era iniziata una nuova fase della lotta, verso un crescendo rapido di massacri e lotte disperate intorno all’epicentro strategico della cittadina di Badajoz la via d’accesso al Portogallo dal lato meridionale. Wellington, ancora una volta, utilizzò tattiche difensive innovative dimostrando doti di versatilità rispetto ai suoi molti avversari francesi più abituati a manovre e rapidi assalti. I francesi non riuscirono mai ad averne ragione sull’organizzazione difensiva guidata da Wellesley aiutato dal supporto della guerriglia nella raccolta di informazioni e attacchi alle linee di rifornimento.

I francesi restarono, tuttavia, padroni di gran parte delle maggiori città spagnole e delle vie di collegamento con la madrepatria ma cresceva il prezzo di ufficiali e soldati sempre meno rimpiazzabili. Nel 1812, dopo un lungo periodo di attrito senza esiti, la situazione cambiò in merito alla disastrosa decisione di Napoleone di invadere la Russia per quanto molti problemi erano ancora irrisolti, non solo nella penisola iberica. Un tragico errore strategico che gettò le premesse del crollo finale dell’Impero Napoleonico.

Wellington, in questa cruciale fase, rivela anche il suo talento per manovre offensive attaccando le guarnigioni francesi che sorvegliavano le vie di accesso fra Spagna e Portogallo con velocità quasi da Blitzkrieg sfruttando il logoramento nemico. Non avendo il tempo di organizzare assedi, egli ebbe fortuna e determinazione in fulminei assalti, resi possibili anche dai veterani ormai di anni di battaglie continue. Wellesley faceva parte di un più ampio piano di generale controffensiva anglo-spagnola che comportava la separazione fra gli eserciti francesi del nord e del sud con un azione combinata di attacchi via mare della costa settentrionale della penisola, guerriglia e raid sulle rive del fiume Tago quasi al centro dell’intero fronte. Una combinazione simultanea di operazioni di varia tipologia che riporta alla mente le manovre strategiche delle guerre successive,più che il semplice sistema napoleonico orientato sull’obsoleto principio della “battaglia decisiva”. L’armata di Wellington si trovò così in una posizione centrale nel teatro nei pressi della cittadina di Salamanca. In questa battaglia si osserva l’applicazione di tecniche che saranno poi replicate in parte anche a Waterloo. Wellington, attento alla morfologia del territorio, aveva posizionato le forze fuori dal tiro dell’artiglieria francese dietro alle colline e l’area limitava la visuale e non dava possibilità di aggiramento se non con grandi rischi. Wellington aveva studiato il campo prescelto per obbligare il suo avversario ad agire in modo prevedibile e nel caso di Salamanca ( così come sarebbe poi accaduto anche a Waterloo ) fu un successo completo. I francesi tentarono una manovra di aggiramento ma esposero il fianco pericolosamente in una circostanza che si sarebbe visto su molto più grande scala nella Battaglia della Marna all’inizio della Grande Guerra secoli dopo. Wellington “vide” il fianco nemico passargli davanti e dopo furiosi combattimenti fino a notte fonda aveva scompaginato lo schieramento nemico. Wellington vinse la battaglia decisiva e per i mesi successivi entrò a Madrid e liberò diverse altre città dall’occupazione francese durata quasi quattro anni. La buona stella abbandonò il generale quando superò i propri limiti nel fallito assedio di Burgos situata sul lato orientale e settentrionale della penisola, non lontana dai Pirenei. I francesi, si erano riorganizzati costringendo il Duca ad abbandonare l’offensiva. Wellington si ritirò alle posizioni di partenza, anche in questo caso anticipando gli esiti fallimentari di grandi offensive e gli scarsi guadagni territoriali sopratutto della Grande Guerra ’14-’18.

Nell’anno successivo, 1813, Il regale fratello Giuseppe lasciò definitivamente Madrid per tornare in Francia insieme a diverse truppe in seguito agli avvenimenti in atto in Europa centrale dopo la clamorosa ritirata dalla Russia. Wellington sfruttò l’occasione per sbloccare l’impasse intercettando l’armata reale e distruggendola in una sola battaglia. Il Re Giuseppe Bonaparte, privo di doti del suo imperiale fratello minore, fu responsabile del disastro anche per aver rallentato la marcia per non perdere i suoi numerosi bagagli. I francesi lasciarono il territorio spagnolo una volta superato i Pirenei forte ostacolo naturale agli inseguitori. Wellington si rese conto del rapido logorio delle proprie truppe,preziose per il loro addestramento ed esperienza bellica nell’inospitale territorio basco e li impegnò, riducendo diserzioni ed indisciplina, nella presa di San Sebastian roccaforte francese nell’area e batté, per ennesima volta, Soult giunto per un tentativo di rompere l’assedio. Il Duca si dimostrò particolarmente audace pochi mesi dopo scardinando una solida posizione francese sorprendendo i difensori attraverso un passaggio ( il fiume Bidasoa ) ritenuto impossibile ( un classico nella storia militare ) al limite estremo nord della terra dei baschi. In seguito agli avvenimenti occorsi dopo la battaglia di Lipsia in Europa centrale Wellington sospese la progettata liberazione della Catalogna e invase la Francia meridionale puntando su Bayonne che fu teatro di violenti scontri con i resti dell’armata di Soult per tutti i duri mesi invernali del 1813. Nei mesi successivi il Duca, mantenendo l’assedio a Bayonne, inseguì i francesi fino a Bordeaux che si dichiarò città aperta per evitare distruzioni. Tolosa, teatro di una terribile azione di repressione della repubblica rivoluzionaria nel lontano 1793, cadde anche essa nell’aprile del 1814. I francesi si arresero il 30 maggio 1814.

La “Guerra Peninsulare” durata quasi sette anni, aveva lasciato l’intera penisola completamente in rovina e sarebbero emersi subito contrasti insanabili nella sconvolta società spagnola mentre l’impero dove non tramontava il Sole cessò di esistere.

Il Duca aveva dimostrato nella lunga campagna doti di brillante condottiero moderno anticipando tecniche delle guerre successive come enfasi sulle posizioni difensive, aggressività e versatilità in puntate audaci contro difese nemiche, pianificazione strategica dei campi trincerati, organizzazione di intelligence, senso di risparmio delle forze che fu più di orni altra cosa la sua dote più singolare in considerazione della diffusa attitudine, fra i comandanti dell’epoca compreso Napoleone,ad accettare forti perdite in incerte operazioni.

Egli riutilizzò gran parte dei suoi schemi e anche molti dei suoi veterani a Waterloo nel 1815, togliendo a Napoleone iniziativa,scelta del campo e libertà di manovra, obbligandolo ad una battaglia di posizione in cui il grande Corso non dava il meglio di sé così come è già avvenuto in situazioni simili sia a Borodino che a Lipsia.

Grandemente misconosciuto al di fuori dalla sua patria di origine, in parte anche per il generale sentimento continentale contro l’Inghilterra per complesse ragioni storico-culturali e in parte per la generale trascuratezza, da parte dei media, sulla guerra peninsulare che invece racchiude in sé parecchi elementi tattici e strategici di tutte le guerre successive.

Abbiamo visto situazioni ed elementi che caratterizzeranno la guerra di secessione americana, la grande guerra, persino la Guerra di Corea in assenza ovviamente delle rivoluzioni tecnologiche che comunque avevano rafforzato e reso fondamentale il principio difensivo di cui il Duca Wellesley ne era profondo conoscitore e maestro per i suoi tempi.

GABRIELE SUMA