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giu 9, 2021 - Notizie    No Comments

Cronache del Ghiaccio e del Fuoco

1870, palle di cannone rotolando sul dolce prato di Francia posero fine, ancora una volta dopo poco più di mezzo secolo, all’impero creato dalla dinastia fondata da un ambizioso ufficiale di artiglieria. A distanza di trent’anni dalla deposizione per il riposo eterno dei resti del nonno nel grandioso Palazzo degli Invalidi, il nipote diede la spada al Re di Prussia, la stessa nazione che pose fine alle speranze francesi a Waterloo. Il regno di Luigi Bonaparte terminò bruscamente così come era nato lasciando il passo ai vincitori che si ritennero destinati a creare un nuovo impero nel cuore dell’Europa. Fra le vetrate splendenti di Versailles, stivali teutonici battevano il tacco per festeggiare l’Impero della Germania che non aveva nulla a che spartire direttamente con l’antico Sacro Romano Impero abolito proprio dal primo Imperatore dei Francesi. Il cosiddetto Reich ( che gli storici indicano “primo” per differenziarlo dai successivi cambi di regime ) sarà di breve durata, segnato dalla maledizione della vittoria stessa trascinando con sè tutti gli altri imperi del Vecchio Mondo mezzo secolo dopo.

La Storia marciava a passo cadenzato ma nell’aria si sollevava pure il futuro. Un futuro racchiuso in forme quasi sferiche fatte di materiali infiammabili, pericolosi per chi voleva sfidare la gravità e la natura. Tali forme sono definite “mongolfiere” dal cognome di Jacques Montgolfier che aveva disegnato in età moderna il primo prototipo. Nel fatidico 1783, si staccò dal suolo per pochi ed emozionanti minuti sopra le case di Parigi ancora molto diversa da come la conosciamo. Nel 1785 avvenne in seguito la prima storica traversata della Manica con il pallone stavolta riempito di idrogeno, impresa quasi suicida per i rischi dovuto all’instabile elemento. I vari tentativi di staccarsi dal suolo erano stati purtroppo costellati da incidenti, talvolta pure mortali.

Robespierre aveva tuttavia intuito bene l’utilità in campo militare di tale invenzione inaugurando la Ecole Aerostaticque che ebbe però vita breve poichè Napoleone disprezzava le mongolfiere pur usate molto durante la rivoluzione francese. Gli americani, di solito sempre pronti alle innovazioni, infatti rimasero perplessi a lungo. I francesi riportarono solo molto più tardi in auge i palloni in campo militare, come postazioni di osservazione ad alta quota nel 1859 durante la seconda guerra di indipendenza italiana. Nello stesso periodo gli austriaci pensarono di caricare le mongolfiere con bombe incendiarie da sganciare su Venezia che si era in quel frangente ribellata, con esito però fallimentare.

All’approssimarsi del disastro dell’esercito francese, si instaurarono le basi di un uso sistematico dei palloni non da Parigi ma da Metz. Per la prima volta si era riuscito a smistare comunicazioni postali tramite palloni con regolarità nonostante la scarsità di idrogeno ottenuto al tempo solo da estratto di acido solforico. Nella capitale iniziarono i primi voli più tardi, inaugurati da Mademoiselle de Montgolfier figlia dello scienziato che aveva dato il nome. I prussiani in più occasioni si limitavano a contemplarli anche sopra Versailles usata come base del comando supremo degli assedianti. Ad un certo punto i prussiani organizzarono squadre di cavalleria per intercettare gli atterraggi fuori dal perimetro fortificato della capitale con il supporto di osservatori che comunicavano via telegrafo.

La situazione diventò surreale quando l’astronomo Pierre Janssen utilizzò uno di questi palloni superando il campo di battaglia per…studiare l’eclisse solare in atto in Algeria per quanto poi il suo sogno non si realizzò non per le bombe della guerra in corso ma per banali nuvole nel cielo sovrastante l’arsa colonia francese.

I materiali diventavano, nel corso dell’assedio, molto grezzi, al limite della pericolosità per uso di cotone invece di seta e il gas prodotto da mero carbone, senza protezioni contro agenti atmosferici. L’ancora era letteralmente l’unico appiglio di salvezza, unita ad una corda di più di cento metri per quanto i palloni potevano raggiungere rapidamente altezze oltre i limiti di sicurezza. Nonostante il pericolo, o forse proprio per questo, non mancarono mai tuttavia persone disposte a rischiare.

Numerose donne avevano contribuito a cucire e ricamare i tessuti dei palloni prodotti in serie per tutto il periodo dell’assedio ( circa 5-6 mesi ). l’esperto aviatore Eugène Godard gettò le basi di una vera e propria professione di piloti di mongolfiere arruolando, curiosamente, moltissimi marinai che si erano presentati volontari.

In ogni caso ci si rendeva conto drammaticamente che le mongolfiere non erano regolabili a piacere, dipendenti dai capricci del vento e spesso di sola andata spingevano i responsabili a ricercare una soluzione. Il chimico ed aviatore Gaston Tissandier propose e sperimentò personalmente primi rudimentali dirigibili più volte, ma senza successo, rischiando pure di finire prigioniero dei prussiani in una concitata notte priva di luce lunare a causa dei soliti ed imprevedibili capricci dei venti.

Nel gelido novembre parigino nell’intenzione di rompere l’assedio con forze francesi superstiti al disastro di Sedan si pensò di organizzare un azione congiunta con la città assediata. L’operazione richiedeva notevoli spostamenti di truppe. I prussiani non ebbero difficoltà a capire le intenzioni rafforzando così le posizioni in notevole anticipo. Era necessario frattanto per Parigi tentare di comunicare con l’armata di soccorso e per tale scopo era stata affidata la comunicazione ad una mongolfiera oggi nota con il nome di Ville d’Orleans. L’equipaggio era costituito da Valéry Paul Rolier e Leonard Bézier che iniziarono la missione il 24 novembre recando a bordo i dispacci di grande importanza militare oltre al necessario per un viaggio che già si considerava pericoloso per il buio notturno ( per evitare i prussiani ) e i rigori dell’inverno francese.

cosa?….” abbassando lo sguardo, l’orrore della scoperta dopo alcune ore nell’oscurità: “senti anche tu qualcosa di strano, Paul?”. Il suono era tragicamente famigliare e solo un mormorio “il mare”. Qualcosa era andato storto, i venti sono stati di nuovo più imprevedibili dei folletti delle leggende, stavolta lo scherzo era stato pesante: contrariamente alle aspettative, invece di muoversi all’interno del territorio, erano stati sospinti per tutta la notte verso le gelide acque del Mare del Nord.

La scintillante superficie del mare, increspato da onde alle prime luci dell’alba assumeva il profilo della morte per i passeggeri in balia della natura. Il pallone guadagnava velocità verso il basso ed era arrivato il momento di decidere se scaricare pesi. “pure questo?” Rolier si chiese tenendo fra le mani voluminosi pacchi contenenti proprio i messaggi affidati per la missione “se non li scarichiamo moriremo, ragazzo mio in ogni caso se toccheremo terra da qualche parte…stanne certo che non serviranno più” rispose Bézier. Guardandosi intorno “potremmo finire in Inghilterra ( neutrale durante il conflitto ) e restare sotto custodia e le lettere sotto sequestro…oppure il peggio, finire in Prussia” un brivido gli percorse la schiena “potrebbero mettere mano su queste lettere”. La decisione fu dunque rapida, i dispacci presero il volo permettendo al gabbiotto di levarsi verso l’alto.

cosa ne sarà di noi?” parole perse nel vento che si faceva più pungente, attanagliando le membra e le ossa “dove siamo?” dominava i pensieri degli uomini persi nel cielo. Dopo un lungo momento di inquietudine qualcosa emerse nel bianco scintillante delle nebbie sottostanti. Non era la dolce Francia e neppure l’Inghilterra, ma neppure il nero mare; “alberi!” il freddo aveva chiuso le screpolate labbra ma era un urlo interiore, terra significava poter sopravvivere, certamente con più probabilità rispetto all’assiderazione immediata nelle acque. “ora o mai più”, nemmeno si parlarono, l’istinto li guidò a compiere l’estremo: abbandonare tutto.

merde” parola rimembrante ben più gloriosi attimi di cattiva sorte. Si resero conto che il vento li stava spingendo, l’ancora era andata perduta e non c’era modo di scendere se non osare il tutto per tutto.

giù!” con un balzo abbandonarono il piccolo cabinato che riguadagnò velocemente quota. Neve, soffice neve, si scossero doloranti ma interi rimettendosi in piedi a stento, aiutandosi a vicenda con lo sguardo rivolto all’orizzonte ammantato di pini, tanti pini, un mare di pini. Non si persero l’animo “non possiamo fermarci, cerchiamo di muoverci, importante è muoversi”.

Dopo alcune ore…l’oscurità stava rapidamente avvolgendo ogni cosa “non chiudere gli occhi!” esclamò disperato Béziers prendendo per il braccio Rolier che stava barcollando, il sonno uccide anche se la stanchezza era tanta, troppa. I dolori quasi non si sentivano più per il brivido che scuoteva i corpi.

Uno spazio vuoto si aprì fra le querce brinate e la foschia occupato da una capanna, piccola, quasi irriconoscibile, non famigliare ma “non sembrava prussiana”. In ogni caso erano i piedi a portarli alla soglia, piedi che sembravano quasi staccarsi. La porta era aperta ma non c’era nessuno e ogni cosa sembrava abbandonata ma il tetto non era sfondato e pur in assenza di letti, il duro pavimento era meglio del sudario bianco della neve. Si rannicchiarono a stretta distanza per conservare e scambiare il poco calore che abitava i loro corpi pensando a tutto quello che avevano dovuto abbandonare ma alla fine persuasi che si sarebbe potuto continuare ancora così. Alle prime luci quasi abbaglianti attraverso fessure del tetto, si sollevarono ancora indeboliti e ripresero la marcia sostenendosi a vicenda lasciandosi dietro la baracca.

Un altro tetto in vista, stavolta in condizioni migliori, con colori e segni di frequentazione umana. Lo stomaco ha ordinato ai piedi di violare la proprietà privata. Mani ormai pallide, quasi di pietra, insensibili al tatto si posero subito su ogni cosa che sembrasse anche solo vagamente commestibile; no non sembrava affatto cuisine française ma che importa ?

Parole indecifrabili, colti sul fatto da uomini impellicciati, dallo sguardo ostile. Non erano però prussiani ma nemmeno francesi e neppure belgi, “non sembra inglese” Béziers pensò sforzandosi di recepire il linguaggio caratterizzato da accenti e suoni del tutto non famigliari ma qualcosa lo rincuorava poiché non sembrava nemmeno aspro, tipico degli odiati prussiani che stavano bruciando la sua amata Parigi.

Gesticolando cercavano di farsi capire accompagnando con parole francesi ricevendo però risposte incomprensibili per quanto ora i presunti proprietari della casa non sembravano essere più nervosi ma solo confusi. Una scatola di fiammiferi attirò la sua attenzione, caratteri scritti alla maniera latina, comprensibile e quasi universale per gli europei : un nome appariva, di una località che colse i due uomini sopravvissuti all’incredibile avventura, “Christiania” la capitale della Norvegia, oggi Oslo.

Avevano percorso miglia e miglia ben oltre l’impensabile ma erano vivi, salvi !

I dispacci ? Un peschereccio li ha recuperati, galleggianti nel Mare del Nord, umidi ma integri e perfino ancora leggibili. La missione era però fallita, non arrivarono mai in tempo utile alla destinazione prevista, forse cambiando il corso della Storia. Tuttavia per i due uomini, Valéry Paul Rolier e Leonard Bézier, la vita poteva ancora continuare regalando loro una storia incredibile, un avventura quasi alla Verne, da raccontare a tutto il mondo.

GABRIELE SUMA